sabato 10 febbraio 2018

Foibe. Esecutore: Tito. Mandante: Mussolini.

Quella del titolo potrebbe sembrare una sintesi semplicistica ma senza la italianizzazione forzata della minoranza slava e la successiva invasione del territorio yugoslavo nel 1941 con repressioni, deportazioni, campi di concentramento fucilazioni e altro, non staremo qui a parlarne e Istria, Fiume e Zara sarebbero ancora a maggioranza italica con minoranze slave rispettate con diritto di cittadinanza totale. E' una questione culturale, linguistica, storica; non nazionalista o "patriottarda". 
Si pensi tra i tanti a personaggi come Tommaseo e Tartini  nativi di quei luoghi. 
E l' "italicità" adriatica orientale non era solo di origine di veneto-giuliana,  non vi  erano solo coloni di Venezia, soprattutto in origine erano dalmati e istriani che parlavano la loro lingua romanza, ma che essendo rimasti per lungo tempo sotto Venezia, ne avevano adottato la lingua. Inoltre vi era anche una colonizzazione da parte di italiani provenienti da altre zone, e la Repubblica di Ragusa che per secoli rimase stato indipendente e cadde anche nel 1808 resistendo qualche anno in più rispetto a Genova e Venezia.In questa contesto la presenza slava inizia a caratterizzarsi con il loro arrivo nel VI -VII secolo e progressivamente si stanzieranno anche sulle presso la costa.

La storia del confine orientale è complicatissima e le contrapposizioni destra-sinistra sono solo elementi di disturbo.

Si può capire solo inserendola nel secolare conflitto tra popolazioni romanze e slave per il possesso delle coste della Dalmazia.
Con la caduta della Repubblica di Venezia nel 1797 e con la sua "non restaurazione" dopi il Congresso di Vienna nel 1815, quelle terre passarono all'Austria: nei complessi giochi di potere nell'800  il governo asburgico favoriva l'insediamento di popolazioni germanofone e slavofone per lo più di confessione cattolica (Croati soprattutto) anche sulle coste, mentre la stessa Austria sfavoriva gli ungheresi (pur essendo questi parte stessa dell'Impero). 
Gli ungheresi tentavano di trasformare Fiume in una città ungherese, ma molto a fatica, dato che la maggioranza era slavo-romanza (dalmato-italiana). Fiume fu veneziana solo per un breve periodo ma ha una storia di presenza italica particolare e variegata ove troviamo anche stirpi di origine marchigiana e adriatica in genere. Gli Italiani della zona erano sfavoriti dalla politica e dall'economia austro-ungarica per la loro endemica infedeltà già dal 1820-1830. 


Mappa della Repubblica di Ragusa e dei suoi cantieri navali


In quegli anni nacque anche il nazionalismo croato che favoleggiava della rinascita di uno stato croato erede del regno di Croazia medievale che peraltro era esistito per pochissimo tempo, mentre i nazionalisti italiani ambivano a riconquistare i territori della perduta Repubblica di Venezia. 
L'anno di svolta fu il 1848, fino ad allora l'Austria si era servita delle popolazioni romanze della costa per la sua flotta, ma dopo la rivolte in Veneto perse completamente la fiducia nell'elemento italiano che venne del tutto estromesso. 
In più, per bilanciare il sempre più forte elemento ungherese (che portò alla nascita della doppia monarchia, doppio stato, Austria + Ungheria nel 1867) iniziò sempre più a guardare con favore l'emergente nazionalismo croato, tant'è che non esitò a sfruttare truppe croate per reprimere le rivolte in Ungheria. 
Quando poi nel 1866 il Veneto venne annesso all'Italia, le posizioni si fecero più chiare: l'Austria favoriva i Croati scopertamente.
In mezzo alle lotte tra Croati e Italiani, i Dalmati, gli unici veri abitanti romanzi originari della zona, sfavoriti da tutti lentamente si estinsero come gruppo etnico-linguistico (l'ultimo parlante morì nel 1898). 


In mezzo a tutto questo  si aggiunse poi dalla fine dell'800 la Serbia che aspirava a riunificare tutti gli slavi del sud e favoriva gli slavi ortodossi . Dopo la prima guerra mondiale dalla zona si ridussero fino a quasi scomparire tedeschi e ungheresi, rimasero soprattutto  croati-serbi sostenuti dalla Jugoslavia (l'ampliamento della Serbia) e italiani.







Il consegnare su un piatto d'argento alla destre la memoria storica delle foibe fu uno degli errori più grossolani commesso dalla intellighenzia (si fa per dire..) legata al PCI togliattiano. Andava assolutamente analizzata e contestualizzata nella sua complessità per non essere ridotta ad una mera strumentalizzazione da parte del MSI che si è atteggiato per anni a custode quasi unico della memoria in chiave anticomunista, rendendo difficile un recupero "ufficiale" del fenomeno. Senza giustificare i carnefici bisogna ricordare l' atteggiamento dell' italia fascista nei confronti delle minoranza slovena della Venezia Giulia e dell' Istria durante il Ventennio (alle quale letteralmente fu proibito di "essere" con la proibizione della lingua e limitazione dei diritti civili) e, durante
L' invasione della Jugoslavia, l’uso sistematico del terrore verso le popolazioni civili, le stragi e la distruzione, e le rappresaglie feroci.  

Finchè anche a "destra" non vi sarà questa consapevolezza la questione esodo rimarrà un'argomento di nicchia, non condiviso e non sentito a livello generale.
D'altra parte la negazione e l'astio iniziale nei confronti dei profughi giulano dalmati da parte della maggioranza dei militanti e simpatizzanti del PCI (non si dica sinistre in genere, un ormai anziano Salvemini  parlò di pulizia etnica, concetto non ancora sviluppato e percepito per l'epoca) è un'onta che solo la ricerca storica oggettiva può lavare.


Il rancore e l’odio accumulati da sloveni e croati per la criminale oppressione fascista può spiegare i comportamenti degli jugoslavi nei confronti della popolazione italiana che veniva identificata in blocco come nemico storico del nazionalismo sloveno e croato. Tra l'altro i primi episodi sono nel 1943 e si inseriscono in contesto di angherie perpetuate da parte italiana in un momento di carestia pesantissimo. Nelle Foibe non ci finirono solo "fascisti" (cosa che non le giustificherebbe di certo, lungi da me finire nella trappola dei truci discorsi sulla qualità dei morti) ma anche antifascisti socialisti, azionisti, cattolici e liberali...non solo tra gli italiani, ma anche tra gli sloveni che si opponevano al regime comunista di Tito.
Anche comunisti dissidenti anti-stalinisti furono eliminati.
Anche nell' esodo dei profughi c'è qualcosa purtroppo di ingiusto legato alla differenze sociali; ricchi e benestanti se la cavarono benissimo riuscendo a salvare gran parte del patrimonio ed inserendosi senza particolare difficoltà nell'Italia del Dopoguerra.
I poveri furono limitati per più di un decennio a campi profughi, guardati con sospetto dalla popolazione di orientamento social-comunista in quanto scappati dal fratello Tito (veramente fu a lui a scacciarli) e da quella conservatrice perchè, si sa, i poveri danno sempre fastidio.
A Chiavari erano ospitati presso la Colonia Fara.
Ebbi qualche anno fa occasione di parlare con un ragazzino fiumano dell' epoca che non aveva un bel ricordo della "ospitalità chiavarese". La cosa non mi sorprende.

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