lunedì 30 novembre 2015

Storia e memoria della Genova operaia Demolito l'Ansaldo Meccanico - Da "Umanità Nova" n.29 del 26 settembre 1999 -Guido Barroero

A Sampierdarena, nell'area della Fiumara, stanno sparendo gli ultimi capannoni dell'ex stabilimento Ansaldo Meccanico. Un piazzale polveroso prende forma lungo l'argine del torrente Polcevera (il Porcovera, ovvero fiume delle trote degli antichi celti liguri) facendo il paio con l'area di Campi, sull'altra sponda.





Tra ö Cantö (il Canto) e a Cröxea (la Crocera) (gli altri due sobborghi della vecchia Sampedenn-a (Sampierdarena), a Mænn-a (la Marina) e a Chêuscia (la Coscia) si stendevano verso levante, verso la Lanterna) nel 1846 nasce lo stabilimento Meccanico ad opera di Taylor e Prandi. Nel 1853 Giovanni Ansaldo, insieme ad altri tre industriali genovesi (Bombrini, Rubattino e Penco) rilevano lo stabilimento assumendone il controllo. All'inizio secolo Ferdinando Maria Perrone entra nel consiglio d'amministrazione della fabbrica che viene orientata alla produzione militare. L'Ansaldo-Armstrong & C. diventa la maggiore industria meccanica italiana: locomotive, navi e cannoni la sua produzione, indispensabile allo sviluppo del capitalismo italiano nell'era sabauda. L'Ansaldo diventa anche il cuore industriale di Genova, oltreché un modello di sviluppo dell'industria pesante una potente concentrazione operaia. Nel 1911 sei sono gli stabilimenti del complesso industriale (Meccanico, Cantieri Navali, Delta, Fonderie, Elettrotecnico e Allestimento Navi) concentrati nel ponente genovese (Sampierdarena, Campi, Sestri Ponente e Multedo) che complessivamente occupano quasi 5.000 operai.

Il complesso industriale cresce, aumentano i rami produttivi, cresce la massa operaia che vi è impiegata e, inevitabilmente, crescono e si acuiscono le lotte operaie. Alibrando Giovannetti, segretario del Sindacato Nazionale Metallurgici aderente all'Unione Sindacale Italiana dà un ritratto accurato e puntiglioso (Il movimento sindacalista rivoluzionario in Italia, raccolta di articoli apparsi su il giornale in lingua italiana dell'IWW Il Proletario, tra il '25 e il '26) degli scioperi e delle vertenze in cui furono impegnati i proletari genovesi negli anni dall'inizio secolo all'avvento del fascismo. In queste cronache gli operai dell'Ansaldo sono sempre in primo piano. Lotta per le otto ore, lotte per miglioramenti salariali, scioperi generali di solidarietà con altre categorie di lavoratori, lotta contro il liberticida "Regolamento d'officina" imposto dai confederali in combutta con il patronato, costellano la vita in fabbrica degli "ansaldini" e degli altri proletari genovesi.


Crescono anche i quartieri proletari intorno alla grande industria genovese. Sampierdarena, Cornigliano, Campi, Sestri Ponente diventano roccaforti proletarie e rivoluzionarie: il quartiere diventa tutt'uno con la fabbrica. Sampierdarena arroccata intorno al Meccanico e alle numerose piccole e medie fabbriche metallurgiche viene chiamata la "piccola Manchester".

Stacco. Il biennio rosso. Finita la Grande Guerra, durante la quale pure non mancheranno lotte operaie contro il regime di emergenza, riprende con grande forza il movimento di lotta degli operai genovesi. La Camera del Lavoro di Sestri Ponente è controllata dai militanti dell'Unione Sindacale, quella di Sampierdarena è a maggioranza confederale ma influenzata dall'attivismo degli anarcosindacalisti. Occupazione delle fabbriche: "A Genova, durante l'invasione degli stabilimenti, in uno di questi le guardie regie si avventano contro gli operai e fanno fuoco facendo varie vittime. Ma i lavoratori occupano egualmente lo stabilimento e ne cacciano i feroci difensori del disordine capitalistico. Oltre gli stabilimenti, vengono pure occupati tre piroscafi in costruzione sui quali vengono issate le bandiere proletarie. Tutti gli stabilimenti dei centri industriali del genovesato vengono occupati adottando le stesse misure e i provvedimenti per la continuazione del lavoro e per la difesa del possesso: Sampierdarena, Cornigliano, Rivarolo, Bolzaneto, Borzoli, Pontedecimo, Pegli, ecc." (da Il movimento sindacalista rivoluzionario in Italia, cit.). La sconfitta poi arriverà, con il tradimento dei socialisti e l'acquiescienza dei confederali, ma continueranno, almeno fino al '26, frammentate eppur significative, le lotte all'Ansaldo e nelle altre fabbriche genovesi. Stacco. Gli grandi scioperi operai dell'inverno 1943 che segnano il risveglio in forze del movimento operaio genovese dopo l'eclissi del periodo fascista, partono dall'Ansaldo-Fossati di Sestri Ponente, dove l'influenza dei militanti anarcosindacalisti è ancora forte, per estendersi in breve agli altri stabilimenti. Si apre la confusa e magmatica stagione resistenziale. Si costituiscono negli stabilimenti Comitati di Agitazione Sindacale clandestini e, dove possibile, squadre operaie armate. E' cambiata la geografia politica, le nuove generazioni operaie sono egemonizzate dal Partito comunista ma relativamente forte rimane l'influenza anarchica e anarcosindacalista (Giovanni Mariani è uno dei membri del triumvirato che dirige le lotte sindacali in clandestinità); al Meccanico militanti anarchici come Lorenzo Parodi, Vero Grassini e Lovarino operano per costituire un nucleo anarchico aziendale.




Stacco. Dopoguerra. Anni '50. Lotte difensive contro i licenziamenti, le chiusure di fabbriche, i ritmi crescenti di lavoro, i tagli al cottimo e a i salari. La classe operaia genovese pur organizzata in sindacati per nulla battaglieri (alla storica FIOM si sono affiancate la FIM e la UILM, nasceranno poi anche sindacati gialli - dichiaratamente filo padronali; non c'è più spazio per il sindacalismo rivoluzionario) non ha perso la voglia di lottare: scioperi durissimi, scontri con la Celere di Scelba, licenziamenti politici, ecc. Per chi come me abitava a due passi dal Meccanico, nella Crêuza di boeu (la crosa dei buoi), era impressionante vedere come Sampierdarena vivesse le lotte degli operai dell'Ansaldo: mogli, figli, le intere famiglie degli operai partecipavano ai picchetti e gli sputi, gli insulti ai crumiri si sprecavano. E poi ancora scontri con la polizia, un vagone ferroviario saldato ai binari che attraversano l'Aurelia per bloccare il traffico, scioperi, manifestazioni.

Stacco. Anni '70. Autunno caldo. Grandi scioperi e manifestazioni. La vecchia struttura rappresentativa di fabbrica (le commissioni interne) che si sgonfia come un palloncino bucato, i Consigli di fabbrica, il mito dell'unità sindacale. Un gruppo di operai del Meccanico che insieme ad altri dell'Italsider di Cornigliano si incontra con noi universitari e costituisce la Lega degli Operai e degli Studenti. Una fiammata, poi la lotta armata, le BR, le delazioni del PCI, la repressione. Tutto si spegne nel modo peggiore.

Stacco. Ultimo atto. Anni '90: la crisi industriale ed economica di Genova è pesantissima, ristrutturazioni, scorpori, dismissioni e tagli di personale riducono all'osso quello che fu il complesso Ansaldo. Di lotte ormai non si parla quasi più, la classe operaia è sfiduciata, il sindacato confederale sempre più preso nella concertazione e nell'intrallazzo di bassa lega. L'Ansaldo Meccanico (diventato negli anni '70, Meccanico-Nucleare e poi Ansaldo Industria e poi ... chi se lo ricorda) diventa piccola azienda nei meandri della Finmeccanica, lo stabilimento di Sampierdarena è abbandonato. Tra i capannoni cresce l'erba, un deposito di container e un'azienduncola di un ex sindacalista mafioso che è passato dall'altra parte.

Epilogo: dopo mille chiacchiere, dopo aver ipotizzato di trasferire alla Fiumara la facoltà di Ingegneria (ma gli ingegneri non vogliono, sono troppo ben abituati alla loro villa d'Albaro), inizia la demolizione. Che cosa sorgerà vicino a ö Cantö (a Cröxea non c'è più, distrutta dal delirio urbanistico degli anni '60)? Non lo so e non me ne importa nulla. L'importante è che non abbiano imbalsamato quei vecchi capannoni in una sorta di museo, come è avvenuto al Lingotto di Torino, in ossequio ai dettami di una perversione qual è l'archeologia industriale. Era l'affronto peggiore che si potesse fare al luogo dove per 150 anni generazioni di lavoratori hanno faticato, sudato, lottato per condizioni di vita migliori e sperato in una società diversa. Museo = Celebrazioni, curiosi, scolaresche e turisti in visita, storia finta e finta cultura, il filo rosso della memoria della lotta di classe passa per altre vie. Meglio così, un piazzale polveroso a simbolo di un capitalismo che divora e consuma tutto, anche se stesso.

Guido Barroero

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